Il lavoro di ammodernamento promosso dal Granduca Pietro Leopoldo (a Firenze dal 1765), spingerà all’abbandono del gusto tardo-barocco toscano per il più moderno neoclassicismo, ispirato alle ville romane e a quei ritrovamenti degli scavi partenopei che velocemente stavano conquistando e affascinando tutta Europa.
La scelta del Granduca di affidare al giovane Giocondo Albertolli i lavori di ornato dei palazzi si rivelerà decisiva; la modernità e novità dei lavori dell’ornatista saranno il primo campionario da cui trarrà ispirazione il nuovo gusto classico. Sarà proprio Pietro Leopoldo a consigliare al fratello Ferdinando di ingaggiare Albertolli a Milano, dove verrà anche incaricato della direzione della cattedra di ornato dell’Accademia di Brera.
Il neoclassicismo fiorentino e quello di Albertolli non guarderanno solo al classicismo romano, ma saranno positivamente influenzati dalla rilettura che la patria del Rinascimento aveva già dato dei canoni stilistici romani nel XV sec.
A questa premessa storico-stilistica va aggiunto che Firenze godeva la fortuna, a differenza di città come Milano, di avere maestranze capaci, provenienti da tutta Europa, non solo nei lavori lapicidi e delle pietre dure, ma anche nei menusieri , negli intagliatori, doratori,ebanisti ecc.
Prestigiosi sono i lavori di intaglio pubblicati nei testi che racchiudono le collezioni dei palazzi fiorentini; le botteghe citate negli inventari sono numerose la più prestigiosa senz’altro quella di Lorenzo Dolci (succeduto al padre Giovan Battista) ma anche Odoardo Wyndham, Carlo Toussaint ecc.