L’opera, in linea con la produzione artistica di Sebastiano Lazzari, presenta una fitta e interessante simbologia. Al centro della scena si trova un tavolo sul quale è adagiato un tappeto; fin dal XV secolo questo era un elemento ricorrente nei generi della ritrattistica e della natura morta. Il tappeto evoca un mondo lontano ed esotico, accessibile solamente alle famiglie più influenti.
Si afferma pertanto nella tradizione pittorica come emblema di potere, passione e conoscenza.
Inoltre offre al pittore l’occasione di indugiare nella riproduzione di gradevoli motivi decorativi d’ispirazione levantina. Sopra al tavolo sono disposti diversi elementi: una lettera, sulla quale possiamo notare una mosca, tema probabilmente desunto dalle Vanitas fiamminghe, dove si ergeva a simbolo della fragilità e della caducità della vita. Vicino alla lettera, che contiene uno scambio informale e amichevole che potrebbe contenere indizi sulla committenza, sono posti una scatola di biscotti ed un vassoio con un servizio da caffè. Si tratta di oggetti comuni di uso domestico che vengono però curiosamente affiancati ad oggetti appartenenti al mondo scientifico: la bussola, una sfera armillare e un mappamondo.
L’ultimo elemento posto sul tavolo è un orologio dove troviamo la datazione dell’opera in numeri romani (1789) e la firma dell’autore: “Sebastianus Lazari Veronensis/ Pic. Sculp. Et Archit. Fecit”. A sinistra del tavolo è ritratto un giovane, intento a indicare all’osservatore gli oggetti esposti. Passando allo sfondo della scena ci accorgiamo ben presto che si tratta di un trompe-l’oeil, più precisamente di “finti assi”, un artificio di cui Lazzari era maestro, consistente nel creare un piano d’appoggio prospettico su un fondo che simula degli assi di legno.
Su questa parete sono affissi due ritratti femminili, che possiamo supporre parenti del giovane, un goniometro e una tabella astronomica. Al centro, leggermente più in alto rispetto agli altri elementi, si trova una nicchia entro la quale ci sono due ripiani sui quali sono appoggiati dei libri. Possiamo notare ancora una volta la presenza di strumenti legati alla ricerca astronomica e geografica, collocati tra oggetti ordinari e apparentemente poco significativi. Si tratta di un’iconografia che ricorre in maniera sistematica nelle opere del Lazzari e che suggerisce la fusione tra una dimensione quotidiana e materiale e una più sofisticata, legata al mondo dell’intelletto.
L’accostamento di questi oggetti allude a dei significati che purtroppo a un osservatore moderno sfuggono. Ci troviamo sprovvisti degli elementi necessari per svelare gli astrusi messaggi celati in queste composizioni, definite appunto “rebus figurativi”. Questo, a nostro parere, non fa che accrescere la fascinosa ambiguità dell’opera.
L’opera è presentata in cornice coeva originale, in legno di noce con inserti di palissandro, e predisposta per boiserie.